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nell’amministrazione interna del regno ed un attentato all’indipendenza del sovrano.

Il re Ferdinando aveva materialmente ragione, moralmente torto.

La condotta del governo napolitano verso il colonnello offendeva la coscienza umana, la morale, la giustizia ed il diritto. Ed il ministro di Francia aggiungeva: anche i trattati; — quello di Casalanza, per esempio, coi quali il governo napolitano s’era impegnato a riconoscere i gradi militari accordati dai monarchi francesi. L’ambasciatore d’Austria, il ministro di Russia, il nunzio sostenevano il governo borbonico. I ministri d’Inghilterra e di Prussia restarono neutri diplomaticamente, ma personalmente appoggiavano quello di Francia.

Il re, per provare la sua indipendenza, aveva ordinato di raddoppiare di rigore contro il colonnello. L’ambasciatore francese usava ogni specie di rappresaglie conciliabili col suo titolo e col suo carattere. Tutto il partito liberale del regno era con lui. All’incontro il partito cattolico e tutti gli agenti dell’amministrazione secondavano ed applaudivano la Corte. La polizia inveiva contro coloro che frequentavano l’ambasciata e l’ambasciatore di Francia. L’irritazione prendeva l’andazzo della collera.

Don Terenzio aveva accettato la difesa del colonnello perchè era in rottura colla Corte e teneva il broncio ai Borboni. Dopo la morte di questo avvocato l’ambasciatore non era riuscito ad impegnarne un altro che con molteplici restrizioni. La polizia terrorizzava la gente del fôro. Il colonnello, istrutto di codesto, aveva