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quando pose nello sguardo vellutato e nel congegno di due labbra rosse di una donna, tutto il destino di un uomo. Il fatto sta che io m’era pazzo di lei e che l’avrei disputatata a tutti i certosini, a tutti i cappuccini, a tutti i seminaristi e marchesi del mondo.

— Che rabbia! sclamò una bella tosa.

“Poco lungi di là dunque, nella foresta dell’Aquila, vivevano certi eremiti di mia vecchia conoscenza e subordinati al mio potere come un gesuita al suo generale. Andai a trovarli. Confidai loro la mia persona e la mia preda e diedi ordine che si preparassero a cangiar stanza all’indomani, perocchè io aveva lasciato in quelle vicinanze segni troppo significativi di mia presenza. Osai, malgrado ciò, ritornare solo a Moliterno la notte, in casa del mio ospite, ove avevo denari, carte ed armi. Ma innanzi l’alba ripartii per la caccia. Cecilia, quantunque mi odiasse, mi vide ritornare con entusiasmo: le faccie dei miei mirmidoni l’atterrivano. Ritornammo a Napoli questa volta.

— Che imprudenza!

“Infatti, un giorno m’avvidi che Cecilia pensava svignarsela da quella buona famiglia, ove albergavamo. Le appresi allora che quelle brave persone avevano l’ordine di pugnalarla al primo tentativo di fuga. Questa buona ragione la calmò. Ella mi raccontò allora alcuni tratti della sua storia e mi pregò di lasciare Napoli.

“Io non aveva alcun pretesto per contrariarla. Mi recai quindi a Sorrento e presi a fitto delle camere in una famiglia borghese, presso la quale passavamo per milanesi venuti a gua-