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si ubbriacava, se sapeva truffare al giuoco, se credeva in Dio ed amava il re. A quest’ultima domanda il marchese perdette le staffe. Si alzò e le visite partirono brontolando.

“Poi principiò il supplizio della cena, che cominciò con un’insalata, seguita da cinque differenti minestre. L’intendente presentò al marchese suo figlio — un giovine seminarista, poeta, noioso come il passio di San Matteo, un San Pietro che pescava donne e che violava tutti i comandamenti di Dio, eccetto quello — non ucciderai — per paura della forca.

“Io mi disponevo a lasciare il paese, non volendo rivelare alla polizia l’uffizio ove io faceva discendere lo Spirito Santo per fornir di vescovi Sua Maestà, quando i nuovi arrivati si gettarono a traverso i miei progetti.

— Il vescovo era dunque partito? domandò uno.

— No, vi si preparava, quando capitò il marchese. Il signor di Diano era un bietolone innestato sur un malandrino, cui io spennavo allo zecchinetto; sua moglie, la più squisita leccornia del dessert del buon Dio. Io mi sentivo attratto verso di lei come la farfalla dalla fiamma. Ma ella si occupava di me, come la grazia di Dio si occupava dei vecchi e nuovi principi. Io non negligeva nulla pertanto onde tornarle gradito. Ella soccombeva a non so che maleficio del priore della Certosa di Padula — uno dei missionari — e si lasciava ammoinare dal giovine seminarista, il quale le dimandava un bacio per un sonetto. Il marchese dava la caccia alle serve ed alle contadine,