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bastanza rimunerato del pericolo d’esser impiccato.

— Scellerato! urlò l’uditorio di una sola voce.

“Avendo attirato gli occhi del pubblico sulla società, la polizia non poteva più chiudere impunemente i suoi. Bisognò pensare alla liquidazione ed alla dissoluzione. Diedi i miei conti, che furono accolti con un triplice grido di tripudio. Ci dividemmo i profitti da gente onesta. Deposi in mani sicure (quelle del presidente d’una corte d’appello) le memorie segrete del notaro Crescenzio, conservate fino allora tra le carte segrete del gabinetto, noleggiammo un cutter e ci imbarcammo per la Calabria, ove i nostri confratelli ci aspettavano. Quelli fra i nostri soci, che temevano il mal di mare e la brezza fresca dei boschi, restarono a Napoli, onde ritentare gli affari, sotto altro nome ed altri capi — serbandoci un ottavo dei beneficii. Portavamo con noi delle ricchezze immense. Tutto prometteva un avvenire così propizio come pel passato....

“La tempesta ci diè addosso e ci spezzò vicino Paola. Il cutter si spaccò come una melagrana, e colò a fondo, con uomini e roba. Avevan ragione quegli scaltri mariuoli d’aver più confidenza nel vino che nell’acqua!"

— Fuori la legge, l’acqua! si gridò da ogni banda tra grugniti all’acqua e tra evviva al vino.

“Quattro o cinque di noi, che sapevamo nuotare, ci salvammo, ma poveri come Adamo quando escì dal suo giardino. Fu spedito un inviato straordinario agli amici della Sila. Gli