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onde avere all’uopo un corpo di riserva per l’esecuzione degli statuti dell’ordine. Avendo organizzato i miei uffizi, mi diedi ad intraprendere delle operazioni in grande. Io divideva gli utili più equamente che certe banche e certe società autorizzate dalla legge. Poi, sulla mia metà, io pagava i premi d’incoraggiamento per le invenzioni, le scoperte, i miglioramenti. Senza questi premi, le belle arti non prosperano — vedete in Inghilterra! Sulla mia parte, altresì, io pagava gli sbirri, i commissari, il prefetto, il ministro di polizia e dava delle sovvenzioni ai magistrati. Tutta questa gente ha diritto a vivere, tanto più che due terzi almeno di costoro sono, o sono stati, del mestiere. Tassai del cinque per cento le paghe, per i fondi delle vedove, degl’invalidi, degli infermi. Appo di noi il pauperismo ed il proletariato era abolito. Così organizzata, la società novella prosperò, al punto che la nostra repubblica aumentava tutti i giorni ed era già più popolosa di quella di San Marino. Degli uomini di tutte le classi e di tutte le condizioni ci indirizzavano domande di ammissione e di neutralizzazione, di guisa che se la cosa fosse durata ancora, fra quattro o cinque anni avremmo avuto uno Stato più considerevole di quello del duca di Modena e forse dello stesso granduca di Toscana. Un affare magnifico, che avevo intavolato, venne a mettere in sospetto il governo.

— Più bello ancora che gli altri? dimandò il carceriere in capo, al quale questo racconto faceva venire l’acquolina in bocca.

— Giudicatene, disse il conte.