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Io era grave e triste. Uscendo dalla chiesa, il padre, la figlia, gli Svizzeri andarono a cenare dal conte; io rientrai e piansi.

Bruto non osò dire alla principessa tutta la verità: egli amava già Cecilia.

— Perchè piangevate, dunque; non eravate voi che l’avevate voluto?

— Non avevo avuto la forza di resistere e di oppormi. Non vedevo il male. Non trovavo di gualcito in tutto ciò che il mio cuore ed il mio onore. Il torrente travolgeva un uomo che non sapeva nuotare. Era colpa mia! Ma non è di ciò ch’io mi pento. Sono stato punito. Ciò che mi rende infame agli occhi miei, ciò che ha infangata la mia vita ed ucciso il sorriso che cantava nel mio giovane cuore, è la mia complicità nelle combinazioni del conte.

— Ah! non la è ancora finita con questo lacchè?

— Il peggio resta ancora a rivelare e ve ne supplico, signora, siate clemente verso il mio pentimento.

— Parlate.

— Il conte....

— Dite Ruitz, il groom....

— Sì, l’è più esatto. Ruitz mi parlò da prima per parabola, del suo stabilimento. Compresi che v’era in codesto un qualcosa di losco. Chiesi delle spiegazioni. Divagò. Lo forzai a darmi dei ragguagli netti e precisi. Mi parlò.... di questo appartamento.... di voi.

— Che vi disse egli? Esigo la verità.

— Ve la dirò. Sono deciso a non omettere nulla. La verità per lui, signora, non è mica