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— La medicatura fu cangiata ed il pericolo rimosso.

— Lo so.

— Assicurai la guarigione dell’ammalata e ne gioii. Era il primo cliente d’un mondo elevato, che io assisteva e salvava.

— Una sera il conte m’invitò a pranzo. Era il primo desinare che prendeva con la figliuola, dopo la malattia. Cecilia, infatti, pranzò con noi. Io bevvi un po’ troppo, cedendo senza diffidenza agli incoraggiamenti del conte. Cecilia mi aveva sempre ricevuto male, non so perchè. Io l’aveva trovata bella, dal primo sguardo; ma un non so che di misterioso si interponeva fra noi che ci straniava, ella con asprezza, io con tristezza. La sera del pranzo la mi parve irresistibile. Non era che altiera quella sera e non mica sprezzante ed astiosa come al solito.

— Le vostre osservazioni sono molto precise.

— È necessario, signora, che io dettagli bene le cose, onde possiate ben giudicare la mia condotta. Dopo il pranzo, il conte, che fingeva di essere brillo in faccia all’uomo, che lo era forse davvero, mi tenne un seguito di propositi strani. Quando compresi però, la mia ebbrezza dissipossi in un attimo.

— Quali erano codesti propositi?

— Impossibile di seguirne ora l’intreccio e le tortuosità. Potevano riassumersi così: sposate mia figlia, la è bella, ed io vi servirò di cornac nella vostra carriera. Questa seconda parte mi sedusse poco. La fortuna non ha presa sur un uomo che può vivere di due soldi di pane al giorno e trovarsi più felice di Sarda-