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Lena aveva sempre vissuto a Napoli. Fu rapita di vedere Portici, il boschetto del Palazzo Reale, la Favorita a Resina, Torre del Greco inerpicata al Vesuvio, o meglio ribaditavi dalla lava, bitume di ferro, Torre dell’Annunziata, Pompei.... Arrivarono a Castellamare la sera. Don Gabriele - i nostri lettori l’avranno di già riconosciuto - volle mostrarle tutto ciò, non foss’altro per disorientare la polizia, la quale avrebbe potuto sorvegliare Ondina, onde ritrovare le tracce del marchese di Diano.

Si recarono all’albergo dell’Europa, ove si è sicuri di trovar sempre alloggio, poichè l’è troppo caro per gli avventori ordinari di questa città di bagni. Costoro si alloggiano in camere mobigliate.

Lena dormì bene e si svegliò tardi la mattina susseguente. Dico che si risvegliò. Dovrei dire fu risvegliata. Si picchiò alla sua porta: scese dal letto in accappatoio da notte, ma al momento stesso la porta s’aprì ed un monello, dorato al sole come un dattero, il petto ignudo, senza scarpe, in maniche di camicia, il berretto alla mano, si presentò fissando sulla giovane donna due occhi come due áncore di cristallo. Egli si avanzò liberamente e le chiese:

- Come lo vuole, vostra eccellenza?

- Chi sei tu? cosa vuoi? gridò Lena spaventata. Va via, via subito: non vedi che non posso riceverti in questi arnesi?

- Cosa importa? I miei sono alla grazia di Dio. Sono venuto per domandarvi se lo volete calzato o no?