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loni da conversazione, balli e musica, passeggiate, boschetti, restaurant, alberghi, divertimenti, dame, i lions dello sport e del turf, un teatro, un caffè cantante od anche un semplice caffe, — una festa qualunque, infine, tranne la processione di san Catiello. — Dio vi abbia in guardia, se vi recate con queste idee diaboliche del mondo incivilito, che non è il mondo della Chiesa, e non era, quindi, neppur quello dei Borboni. La vita a Castellamare è più casalinga, più santa, quasi una vita di zoccolante. La noia non vi segna mai meno dei 94 ai 97 gradi centigradi.

Castellamare non è che una lunga e sporca via in riva al mare, ove il sole vi cuoce durante il giorno e l’umidità vi bagna durante la notte. Ovunque il fango o la polvere. Poi alcuni orribili chiassuoli, una dozzina di case di campagna perdute sulla montagna, a perpendicolo sul borgo, ed un equivoco di strada lambe i piè di codesta montagna, e vi si nuota in ondate convulse di polvere. Finalmente un piccolo sito, chiuso da inferriate, detto lo stabilimento, ed una sembianza di giardino, ove l’ortica e la malva si beano nella loro vegetazione spontanea. Non parlo degli insetti, prodotto naturale del paese.

Ecco ciò che l’uomo ha fatto di Castellamare.

Ciò che ne ha fatto la natura è incomparabile.

Quel mare, quel cielo, quella montagna, quei paesaggi, quei spuntar dell’aurora, quei tramonti, quelle feste di stelle la notte, tutto è delizioso, inebbriante, incantatore.