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sospirò Lena gettandosi nelle braccia del giovane e singhiozzando sul suo petto.

— Ed ora giudica tu stessa, Lena! Posso io presentarti a quest’uomo pieno d’onore? Posso presentarti al barone Colini, colonnello della grande armata e dirgli: Ecco tua figlia, l’è Ondina: ella è la ganza del marchese di Diano.

— Giammai!, oh! giammai, sclamò l’infelice creatura. Meglio sarebbe restar orfana. Ma io voglio vederlo. Trova una scusa per presentarmi a lui, per condurlo da.... No, no, qui no; da Ondina, giammai. Andiamo da lui. Vado a ringraziarlo d’essersi battuto per me.... Io non sono obbligata a conoscere la verità. In fine, inventa, cerca, io sono una tua sorella, tua madre, la tua amante; no, no, questo, tua cugina. Ma andiamo, andiamo presto.

E in pari tempo suonava e domandava una vettura. Bruto e don Gabriele non ebbero il tempo di collocare un’osservazione, di prendere una determinazione. Lena s’impadronì del braccio di Bruto, lo trascinò e lo spinse nella vettura che attendeva sotto il vestibolo.

— Andate, disse Lena al cocchiere.

— Dove? dimandò costui.

Don Gabriele diede l’indirizzo e montò in predella.

Un quarto d’ora dopo scendevano alla porta della casa di Bruto. Non una parola durante il tragitto. Lena saltò giù per la prima senza dare neppur tempo al cocchiere di aprire lo sportello. Afferra Bruto pel braccio e sale, corre, vola su per la scala. Bruto si fermò alla porta, che trovò