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cercare non so che involto per la Tessari. Andava ad avvisare il marchese che io era nella carrozza. Io non sapeva neppure che costui abitasse colà! Mia madre salì da lui. Egli aveva data l’imbeccata al domestico. Mentre questi agiva lentamente, facendo passeggiare mia madre nell’appartamento in cerca del suo padrone, questi scendeva, dava un ordine al cocchiere, apriva lo sportello della carrozza e mi si sedeva vicino dicendo: che mia madre, dopo matura riflessione, si trovava troppo mal vestita per accompagnarmi ad un ricevimento di sera dalla prima attrice dei Fiorentini e che avendolo incontrato per caso ella l’aveva pregato di accompagnarmi fino alla porta di quella signora. Ciò mi parve equivoco. Volli discendere. La corrozza, partita, andava già di carriera. Il marchese mi rattenne. Io volli aprir la finestra e gridare. Egli vi si oppose colla forza. Andavamo dalla parte di Chiaia. Vidi la villa ed il mare. Lottai ancora perchè compresi tutto. Il marchese mi spaventò allora, prendendo un’aria terribile.

— Miserabile! gridò Bruto.

— Ascoltate insomma. Il marchese mi condusse in una casa di campagna, in cima alla collina di Posilipo.

— Infame! infame! continuava a gridare Bruto.

— Là, però, egli si mostrò tutt’altro uomo. Egli mi preparava una sorpresa. Quella bella casetta di campagna era abitata dal maestro di cappella Antonio Coralto, dalla sua vecchia moglie e da un servitore. Il marchese mi presentò come sua sposa.