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pubblici spettacoli. Ma poichè tu m’insulti, divengo più esigente.

— Signor marchese, badate a voi, replicò il colonnello frenandosi. Il disprezzo mi rende tollerante, ma il disprezzo anch’esso ha i suoi disgusti e le sue rivolte. Seguitate la vostra via.

Ed il colonnello volle continuare la sua.

— Ah! grida il marchese, riscaldandosi. Hai, dunque, paura per le tue orecchie e pel tuo braccio! Poichè hai mandato una gamba ed un braccio avanti per prepararti gli alloggi, andrai a raggiungerli, o il diavolo mi porti, se non mi arruolo come soldato del re tavernaio (Murat). Animo, voi altri, cacciatelo coi vostri stivali sotto il lampione ond’io lo rada senza cincischiarlo.

— Indietro, gridò il colonnello ai giovanotti che si precipitavano su di lui. Se avete mai udito parlare di quella cosa che si chiama onore, siate testimoni che sono forzato a difendermi.

Il marchese, in quel cerchio di luce cupa che circondava uno dei lampioni del cortile, aveva già sguainato una lunga spada che trasse dal suo bastone. Il colonnello lo seguì a passo calmo e lento e tirò fuori a stento una sciabola, che non aveva mai veduto la luce; poichè la gli veniva dai Borboni. Questa sciabola era di metà più corta della spada del marchese, senza tagliente, appena appena appuntata.

— Camillo! disse il marchese a uno dei suoi amici, sii il testimonio di questo caporale. Ti darò un certificato che vi sei stato costretto da