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plausi. udire la voce d’Ondina. Il colonnello, sprofondato e raccolto nella sua seggiola, stava sempre zitto. Non aveva più nè gesto nè parola. La vita gli si era concentrata negli occhi, nelle orecchie, nell’anima; rimuginava nelle sue memorie lontane, ricostruiva la sua vita, per ricordarsi dove avesse veduto quella giovane che tanto lo turbava. Non era più l’attrice dei Fiorentini, ch’egli contemplava nella sua visione interiore; egli si ricordava più in là e scendeva nel suo cuore.

— Decisamente, artigliere mio, disse il marchese, di più in più indispettito dal silenzio del colonnello, se tu ami la musica, l’è quella pi pi più dei pifferi che ti solletica.

Ondina aveva in quel punto finito di cantare il No, non è ver, mentirono. Il parossismo del pubblico era al colmo. L’emozione del colonnello si era cangiata in ispasimo. Il principe di Joinville abbandonava la loggia. Il colonnello si levò dalla sua sedia ed uscì.

Se fosse restato ancora, sarebbe forse svenuto. Camminò presto per paralizzare la sovrabbondanza dell’emozione collo sviluppo delle forze fisiche.

Al momento, in cui il colonnello aveva lasciato la sala, il marchese gli voltava le spalle conversando coi suoi amici. Ad un tratto s’accorse che il suo uomo era scomparso.

— Mille fulmini! gridò, quel cialtrone di sergente si sarebbe burlato di me, non onorando di risposta alcuna le mie arguzie, senza che io gli abbia snocciolato un sol buffetto sul naso? Vedremo se la sarà così.