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Ora che cosa un re consagrato inviolabile ed adorato, sbocciato dall’uovo divino del Congresso di Vienna, avrebbe mai potuto farsi d’un invalido? Ahimè! codesto invalido non era buono a nulla, neppure a fare il ciabattino: la sua mano sinistra era restata nei ghiacci di Mosca. Non a far il corriere; una palla a Waterloo gli aveya forato lo stivale dritto ed il suo contenuto. Non lo si poteva neppure arruolare, qual veterano, nel corpo delle spie di Stato: il Re legittimo non voleva saperne di lui.
Ma Pietro Colini che dal suo lato era logico come Satana, ricordandosi del suo ex-gesuita, rispose: Nego minorem, e si trovò buono ancora a qualche cosa. Gli restava, per esempio, la lingua per gridare, la mano dritta per sferzare, la memoria passabilmente imbrogliata, e la infingardaggine la più volontaria, che l’è mai sempre la più completa.
Poteva dunque ancora mettersi maestro di scuola, dopo aver assopito gli scrupoli dell’altare ed i sospetti del trono. Fu creduto. Abiurò Bonaparte; andò a messa ed al confessionale. Recitò bene la sua parte.
— E, se il ventre prese davvero il posto dell’anima, di chi la colpa?
Pietro Colini, volendo nondimeno volgere la sua ipocrisia a vantaggio dei suoi allievi, aveva principiato ad insegnar loro tutt’altro che il latino, il catechismo, la storia sacra e la mitologia.
I parenti insorsero. I missionari aprirono un’inchiesta. Il giudice di pace fece delle rimostranze. Il sergente capì che aveva presa una