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— Mi pare che, quando si chiama un medico, la sia una curiosità permessa.
— E se fosse un’indiscrezione?
— Capisco. Per un marito, per un amante, per uno straniero, ci potrebbe essere indiscrezione in certi casi.
— Il dottore Tibia non le ha, dunque, detto nulla?
— Credo di non averlo ancor veduto. È Lisa, la cameriera, che mi ha parlato della malattia di mia figlia. La povera fanciulla non voleva affliggermi.... capite?
— Perfettamente.
— Dunque, che cosa ha quella cara piccina?
— Una grave disgrazia, più che una grave malattia, signore; la è incinta.
— Avrei dovuto aspettarmelo! disse il conte con voce sommessa, ma non turbata.
— Si è tentato di riparare a questa sventura.
— E si è riusciti? chiese il conte vivamente.
— La natura ha resistito. Sua figlia si vuole uccidere.
— È ciò che avrebbe di meglio a fare; l’è il seguito il più logico di questa sorte di scappucci.
— Non intendo nulla di codesti seguiti logici. E siccome io non sono un carnefice nè un assassino, ho detto la mia opinione e mi ritiro.
— Voi non vi ritirerete, signore, disse il conte con aria risoluta.
— Anzitutto la signorina mi ha congedato, signor conte; ma, m’avesse ella anche pregato di prestarle le mie cure, avrei rifiutato; io