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La pozione era pronta e la cameriera se ne andò.

La prima parola che la disse alla sua padrona fu questa:

— Vi ammazza.

— Chi?

— Il dottor Tibia.

E Lisa allora raccontò la conversazione tenuta col giovine medico ed il farmacista. L’ammalata restò perplessa e si fece ripetere minutamente tutto quanto aveva udito. Lisa fece il ritratto di Bruto con molta compiacenza, qualificandolo un bel giovine, elegante, educato, grazioso. L’aveva chiamata madamigella e le aveva dato del voi.

L’ammalata ascoltò attentamente, riflettè alcuni minuti, parve agitata; poi, prendendo come una subita risoluzione, tracannò la tisana e si lasciò cadere sui guanciali. Lisa, che, invece, era convinta che il medico aveva sbagliata la malettia e che la curava a rovescio, non si tenne per vinta, raccontò al conte tutto ciò che aveva udito nella farmacia. Questi altresì parve colpito e si allontanò in silenzio. Un quarto d’ora dopo mandò a chiamar Bruto.

Alle due don Bruto si presentava in casa del conte Ruiz de Llamanda.

Il conte abitava il primo piano di un palazzo quasi isolato, che dava sopra un bel giardino, dietro il convento dei Miracoli. Il principe di Noto, ottuagenario, che non usciva mai, abitava il secondo piano, ed il terzo era serbato a suo figlio, il marchese Annibale di Diano, che, trovandolo troppo lontano dal centro della città e