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gente degli invalidi, una camicia involta in un vecchio giornale, per tutto bagaglio, ed un paio di calze che gli pendevano dalle tasche di dietro, a guisa di pezzuola. Non ebbe duopo di chiedere l’indirizzo; sopra una grande lamina di rame inchiodata alla porta stava scritto:

Bruto Zungo, medico-chirurgo.

Suonò. Tartaruga aprì.

— Dov’è? chiese alla serva.

Poi, senza aspettare la risposta, entrò gridando:

— Olà! Bruto! eccomi qua, fulmine d’un fulmine! Dove diavelo sei? nel tuo palazzo! Parola d’onore! Questo ragazzo si è regalato le Tuileries!

La nota voce, che riempiva l’anticamera ed il salotto, fu udita e riconosciuta da Bruto, che fece un balzo e ricevette il suo amico fra le sue braccia.

Il vecchio soldato ed il suo allievo erano commossi. Tartaruga faceva lume colla candela, non fiatando e non comprendendo che mezz’ora più tardi, che codesto sergente poteva ben essere il sergente cui Bruto attendeva.

— Come! cattivo galuppo, disse finalmente il colonnello, non una parola di lei, nella tua lettera!

— Egli è, mio povero colonnello....

— Che cosa?

— Mille scuse, mio generale.

— Bruto!

— Che il signor barone, che il signor conte