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— Non scherzare sulle mie infermità, pezzentaccia, e rispondimi.

— Le tue infermità? graziosa! No, non lavoro più ora. Sono possidente.

— Me n’accorgo, disse l’uomo grattandosi la gamba. Avete delle minute greggie qui.

— E del bestiame grosso come te, rispose la vecchia rimettendosi a scopare.

— Quando uno nasce sotto una cattiva stella, non ha fortuna in nessuna cosa.

— Avresti vissuto sessant’anni avanti di scoprir questa bella massima?

— Penso al mio povero sergente.

— Ah! abbiamo anche un sergente. È della stessa tua parrocchia, eh?

— No, m’inganno, il mio sergente porta fortuna. M’imbrogliate le idee, vecchia.

— Va a contarlo ai Quattro del Molo (come chi dicesse a Milano: va a dirlo alle statue del Duomo).

— Immaginatevi, vecchia, continuò l’altro senza scomporsi pel brutale congedo, che l’anno passato una buona signora....

— To’! to’! c’è anche una buona signora. Marchese, mi presenterete a lei. Così saremo in numero completo.

— Va al diavolo, pettegola. M’intorbidi le mie memorie ed offuschi le grazie del mio racconto.

— Ti occorre una poltrona? devo farti venire del caffè col rhum? il giornale di Napoli ed una pipa?

— Conchiudo. La mia buona signora manda ogni anno sei camicie al mio sergente.

— Birbo di sergente! Ecco un uomo che