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— Sta cheto, disse don Noè. Ho vissuto cinquant’anni di coteste mercanzie! Basta così.

— Tartaruga, un rinfrescante per lo zio.

Ne obliviscaris servum tuum, Domine, sclamò don Noè con voce morente.

Amen, rispose Tartaruga.

In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.

Amen, rispose Tartaruga.

Sat prata biberunt!

Amen, disse Bruto alla sua volta.

— L’olio è consumato, la lampada si spegne, brontolò il moribondo con voce appena intelligibile.

— Tartaruga! Tartaruga! gridò Bruto,

— Che cosa si ha da fare? Abbiamo tempo fino a domani.

— Tartaruga, lo zio è morto.

— Quell’uomo l’ha ammazzato, gridò la governante con accento disperato, sciogliendosi in lagrime e gettando tali strida, che tutto il vicinato accorse.

Bruto con una lagrima negli occhi, che si ostinava a non voler varcare la palpebra inferiore, restò immobile, agghiacciato, irrigidito, pallido da far paura, i capelli irti, contemplando il cadavere. Non pareva più di questo mondo, non vedeva e non udiva più nulla. Finalmente quella lagrima cristallizzata si scioglie e cade; delle scintille traversano i suoi occhi, un brivido le sue membra; si fa rosso il viso, gli zufolano le orecchie, si lascia cadere in ginocchio, nasconde la faccia tra le mani e mormora:

— Quel miserabile l’ha assassinato!