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bretto del collettore, e riportare sui nostri registri le partite pagate. Ma ciò non è tutto.

— Debbo tenere inoltre un registro di cassa? interruppe Don Diego.

— Sarebbe un lavoro inutile, rispose Don Lelio. Io piglio la consegna della cassa ogni sera, prima che voi partiate, e voi la trovate vuota l’indomani. Il vostro impiego è soppannato di una funzione morale delicatissima e difficilissima. Voi siete un portavoce maggiore, che avete sotto i vostri ordini altri ventiquattro portavoce.

Don Diego spalancò gli occhi ed ascoltò attentamente. Don Lelio continuò:

— Non è collettore delle anime del purgatorio chi vuole. Codest’uomo, dall’aspetto bonario o sorridente, pulitamente vestito ma senza affettazione, una scodellina gialla alla mano a guisa di coppa, dondolandosi gravemente, parlando a voce dolce, è un compare pieno di astuzie, di unzione, di elasticità, eloquente come dieci avvocati, dicendo mille cose con una parola, indovinando il pensiero del pensiero, sceneggiando l’indifferenza, e spandendo nelle città il soffio che fa battere i cuori, i cervelli, le lingue per ventiquattr’ore. Egli sa a chi deve dare a baciare le anime del purgatorio dipinte sul suo scodellino, a chi bisogna dare una presa di tabacco o un numero alla lotteria, a chi conviene raccontare una storia, a chi bisogna soffiare un consiglio. Egli sa come fare espettorare due soldi a chi non ne da che uno con stento, chi bisogna far ridere di un motto arguto, chi incoraggiare con un sursum corda di-