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— Ebbene? dimandò il marchese di Sora.

— Eccellenza, è sembrato estremamente abbattuto dell’ordine di espulsione.

— Si è desso lamentato?

— Sì, ma non fino alla bassezza.

— Quale ragione avete voi data dell’adozione di questa misura?

— La denunzia di qualcuno dei suoi complici, che l’ha accusato per mettere in salvo la propria testa.

— E non ha nominato alcuno?

— No, Eccellenza. Assicura anzi non aver complici.

— E poi?

— Si è rassegnato a lasciar la capitale.

— Sta bene. Aspettate miei ordini per dar seguito a questo affare.

— Lo lasceremo tranquillo allora?

— Ora, che uno dei nostri agenti travestiti dia questa lettera ad un commissionario per ricapitarla al suo indirizzo.

Il marchese di Sora prese un foglio di carta e vi scrisse qualche parola in cifre. Poi piegò la lettera in un certo modo, la suggellò senza alcuno stemma e la rimise al prefetto.

— Scusi, Eccellenza, e l’indirizzo?

— Ah! sì, sclamò il marchese. Scrivete.

Il prefetto prese la penna, il marchese dettò:

— Al signor Antonio, mercante di tabacco, Piazza della Carità.

— È fatto. Ora Vostra Eccellenza vuole ella il rapporto della giornata?