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— In un parola, bisogna essere vile ed infame, osservò Don Diego.

— Ah! sclamò Don Domenico come allocchito, se voi apprendete la lingua nei cattivi dizionari, se voi avete dei principj, aprite una finestra e gettatevi nella corte.... Questo mondo non è per i gaglioffi, soggiunse Don Domenico, con umore, alzandosi.

— Scusate, signore, disse Don Diego, accorgendosi d’aver offeso l’impiegato che da una mezz’ora gli parlava a cuore aperto. Perdono, davvero. Non è dei principj che io proclamo qui; è la mia inesperienza di linguaggio che mi fa chiamar oca un papagallo. Arrivo di provincia. Ma mi formerò....

— Oh sì, mio caro, formatevi e poi venite a vedermi. In questo mondo non si vive mica solamente di vescovadi. Voi potete fare altra cosa.

— Ah! se io non avessi a lottare contro la polizia....

— Corbellerie! La polizia non esiste. Voi non avete a lottare che contro la miseria. Abbiate dei quattrini, e vi si darà il Padre Eterno. D’altronde, voi sarete ricco quando non avrete più pregiudizi. Voi avete una mina....

— Sì, rispose Don Diego sorridendo: la mine d’un homme condamné au suicide.

Don Domenico alzò le spalle come un uomo che si dice: Non ci è nulla da cavare da questo idiota! Ed aprì la porta del suo gabinetto.

Don Diego uscì. Era già nella corte, quando il domestico corse dietro a lui e lo pregò di risalire.