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calze di lei. Infine, un mattino, un contadino venne, gli legò una corda al piede destro e lo condusse via fra le grida le più strepitose. Bambina si sentì commossa fino alle lagrime. L’aveva preso piccino piccino, ed a forza di cure ne aveva considerevolmente sviluppata la quadratura. Questi dettagli, ridicoli e volgari, formavano tutta un’iliade per i due emigranti: gli era l’addio per sempre al passato ed il baratro tenebroso dell’avvenire.

Infine, quindici giorni dopo la condanna del vescovo, tutto era pronto per la partenza. La vigilia, Don Diego andò all’albergo e fermò due posti d’interiore nella carrozzaccia squinternata che faceva il servizio da Lauria a Salerno. Il cocchiere s’impegnò a somministrargli un veicolo da Salerno a Napoli. Si doveva partire all’indomani, tredici ore.

La sera, il conte Craco mandò una lettera ed un pacchetto per il barone di Sanza, suo figlio, ed un paniere di commestibili per la via ai viaggiatori. Il conte li aveva fatti pregar pure di attendere a dormire in casa sua, lì, nel borgo superiore, vicino all’albergo. Don Diego lo ringraziò. Il fratello e la sorella, vestiti, coricarono sulle foglie di gran turco tolte dai pagliaricci. Che notte di freddo, d’insonnia, di angoscia, per il fratello! che notte di sogni d’iride per la sorella!

Infine, l’alba biancheggiò a traverso i vetri delle finestre senza bandinelle.

Don Diego respirò. Bambina si addormentò. Quando Don Diego entrò nella camera di sua sorella e vide la giovinetta accosciata sur un muc-