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giovane di lui e, per conseguenza, avente la probabilità di sopravvivergli. Un mese dopo del testamento, il marchese morì. Tre settimane più tardi, la marchesa lo seguì nel sepolcro. Il fratello del marchese oppugnò il testamento, attaccò la donazione ai gesuiti. In meno di sei settimane, questo fratello, il figlio e la sorella di lui soccombettero1. Un grido di allarme e di terrore si levò in massa nella società napoletana. Re Ferdinando sopì il rumore, soffiò sul processo, e dette la proprietà dei Mascara ai Reverendi Padri.

Questo esempio terrificò la vecchia marchesa di Tregle. Ella non osò lacerare apertamente il testamento, ma ne distolse il senso. La marchesa soffriva di una malattia disgustosa, di cui il dottor Bruto le aveva alleviate le molestie con molto coraggio e devozione. Si prese di affezione per lui e volle attestargli la sua riconoscenza. Gli propose quindi di sposarla, ma in un modo delicato. Pregò il dottore di fare il giro d’Europa, per tre o quattro anni, lasciando la sua procura al colonnello Colini. Fu dunque il colonnello che sposò la marchesa per procura, mentre il dottor Bruto Zungo, cangiato oggimai in Tiberio, — Bruto era troppo rivoluzionario per un marchese di Tregle, — gustava le delizie del matrimonio nelle braccia di una lorette a Parigi.

La marchesa aveva investito Bruto di tutta la sua sostanza per irrevocabile donazione ed era an-

  1. Storico, salvo qualche dettaglio che mi è sfuggito di memoria.