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prai un giorno ciò ch’esso mi ha costato in giovinezza, quando io era uomo del mondo. Fregare il mio zamberluccaccio di frate alla veste serafica della tua verginità.... oh Bambina! io sono il niente.

— Io vi attendo domani sera, susurrò Bambina: voi mi troverete alla vostra altezza.

— Diletta figliuola, diletta figliuola, gridò il gesuita cadendo ai ginocchi della giovinetta e baciandole le mani, le vesti, i piedi: non mi dare il delirio. Che? tu mi amerai un giorno? Che? la mia lugubre sottana non ti ripugna e spaventa? Che? tu consenti a dividere la mia esistenza, la mia gioia, i miei pericoli, le mie speranze? Che! tu vuoi identificarti con me? essere a me tutta intera, senza riserbi, senza apprensioni, senza ritardo, spontanea, del tuo cuore? Oh, mio Dio! grazia. Lasciami vivere un giorno solo nelle sue braccia, e poi disponi del mio corpo e dell’anima mia!

Bambina lo rialzò. Egli l’attirò sulle sue ginocchia e la coperse di baci, diventando fanciullo, sciogliendone le treccie, esaminando le mani di lei, e gli occhi, volgendo il di lei viso per lambirne l’espressione varia secondo i riflessi della luce, chiudendone la vita fra le sue quattro dita, palpando la finitezza dei capelli, sorbendo la soavità dell’alito, l’armonia del profilo, l’attonita, profonda, immensa, limpida espressione dello sguardo, e sclamando ancora:

— Bella, bella, divinamente bella!... E tutti quei tesori sono miei, non è vero, Bambina? a me, a