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solcava il suo guardo interiore, paralizzavano la sua lingua, precipitandovi motti incoerenti e tumultuosi. Il gesuita interpretò quel silenzio in cattiva parte. Credette comprendere che ciò che aveva fatto non bastasse per la giovinetta e soggiunse:

— Nel mondo, io era un giorno il conte Bonvisi. Se ciò vi sorride meglio che il pastor protestante, noi possiamo fermarci in Inghilterra. Io reclamerò la mia fortuna. Lasciando la Società, la mia fortuna considerevolissima mi ritorna, io farei qualche sacrificio per evitare un litigio. Il padre Rothaan è savio. Egli preferirà conservare alla Società cinque o seicentomila franchi e restituirmi il resto, facendomi passare come partito per la missione della Cina o del Giappone, — là donde non si ritorna mai o si ritorna carcame di martire. Egli sa che può fidarsi di me. È uomo da comprendere una passione. Nondimeno, se l’avidità lo accieca.... ebbene, tanto peggio; lo scandalo ricada sulla Società. Al postutto, io ho ragione.

Bambina taceva sempre ed ascoltava. Il Padre Piombini continuò:

— Voi trovate forse che io non ho fatto abbastanza per voi. Piaccia a Dio non troviate un giorno che ho troppo fatto.

— Come ciò? sclamò Bambina provando come una scossa al cuore.

— Ebbene, sì, che m’importa alla fine quantunque ei si facciano, purchè io mi abbia una settimana, un giorno, un’ora di amore, che io mi sia