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— Codesti sono vaneggiamenti, sclamò ghignando il marchese di Sora. Il clero è la gendarmeria delle coscienze; noi non andremo a scioglierla con cuore leggero ed orbarci di un aiuto. Solamente e’ bisogna capovolgerne la missione. La religione fu sin qui un istrumento del dispotismo: bisogna farne un istrumento di libertà.

— Ecco l’illusione eterna della democrazia. Dove è corpo, vi è organismo; ove è organismo, vi è centralità: dove è concentrazione di vita e di forza, vi è dispotismo inevitabile. Voi lasciate l’ente clero? esso sarà mai sempre una ruota della forza governativa, che la fonde in quell’altra ruota più assorbente ancora, la burocrazia. Clero e democrazia, burocrazia e democrazia, corpi costituiti nello Stato e libertà, saranno sempre delle antinomie. Il popolo si governa con altra legge: l’affinità della razza e la coesione sociale degli interessi. I vostri organismi parassiti esterni, alla superficie, saranno sempre un intoppo, una difficoltà, una causa di ritardo al progresso. Perchè le scienze vivono e progrediscono? perchè sono un prodotto individuale al profitto dell’interesse sociale. La religione deve avere la medesima essenza, la medesima natura, il medesimo carattere. Io non ne farò altro.

La conversazione fu interrotta. Il re chiamava il ministro, e Don Diego non potè entrare negli sviluppi pratici delle sue viste.

Re Ferdinando voleva sapere precisamente qual fosse l’opinione del marchese di Sora sul carattere, i principii, i costumi, del nuovo vescovo.