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mani che si sovrappone all’indomani per il compimento di un desiderio o di un disegno, l’isolamento, la stessa astinenza....

— E sopratutto, l’interruppe il vescovo con un sorriso ironico ed incredulo, perchè non si va al mercato a comperar delle pesche punticce quando se ne hanno delle così belle nel proprio verziere.

— Ah! sclamò don Diego d’un tuono freddo, abbassando la testa, incrociando le braccia sul petto.

— Un giorno, continuò il vescovo, un contadino spagnuolo ed un contadino Moro si presentarono all’arcivescovo di Toledo, il quale era altresì principe sovrano. I due villici si disputavano un cavallo, di cui entrambi si dicevano proprietari. Non testimoni da interrogare. Non giudizio di Dio per le armi, da tentare. Non documenti, che stabilissero la proprietà o il possesso, da consultare. Il Moro diceva: il cavallo è a me! Lo spagnuolo assicurava: No, esso è il mio! L’arcivescovo, a fine di spedirli, dette il giuramento sul vangelo ai due litiganti. Ambo giurarono. Se voi foste stato l’arcivescovo di Toledo, a chi avreste consegnato il cavallo?

— Anzi tutto, rispose don Diego io non avrei fatto giurare il Moro sul vangelo, ma sul Corano.

— L’arcivescovo non credeva al Corano; egli credeva al giuramento del cristiano sul vangelo.

— Allora?

— Allora, riprese monsignore con tuono altero e severo, io fo come l’arcivescovo di Toledo: io