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discussione, resta pure severo ed intero e non occuparti della parte degli altri. Tu non hai a fare che con me. Non ho io ragione, signori? dimandò Concettella alzandosi e rivolgendosi al giurì dei goleotti che li ascoltava.

— Sia, signori, sclamò Gabriele, volgendosi alla sua volta ai suoi compagni di bagno. Poichè essa v’invoca come giudici, giudicate il caso.

Un sordo bisbiglio circolò nel gruppo dei forzati.

Quegli uomini, cui la giustizia aveva colpiti come felloni contro la società, erano incaricati di pronunziarsi sur un fatto che implicava la vita o la morte di quattro individui: Don Diego, Concettella, Filippo e Gabriele. Essi sembravano respingere il mandato.

— In nome della misericordia di Dio, signori, sclamò Gabriele, voi sopratutto che non siete qui nè per omicidio nè per depredazione, signori, siate giudici del nostro fato. Voi sapete di quale grave bisogna e’ si tratta; e voi non ignorate cosa debba inevitabilmente seguirne. Mettiamo solamente i termini del fatto nel suo pieno giorno. Quella donna era mia fidanzata; ella si è data ad un altro. Le ragioni, o piuttosto le fatalità che l’hanno trascinata, ha ella detto, sono state: la miseria, la pietà. La miseria e la pietà sono state, ne convengo, i complici; ma chi è il colpevole responsabile in questo delitto? — ella che non aveva il diritto di soccombere, lui, quel prete infame, che non ha respinta la tentazione ed ha abusato della debolezza di quella sciagurata?

Mettere la questione così, dallo stesso interessato,