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di pronunzia dell’r. La sua ganza non l’aveva riconosciuto. Ma e’ non si nascondeva ai suoi amici, ai suoi complici nelle nuove intraprese a cui mise mano. In questo frattempo un generale, amico del principe di Schwartzemberg, inspirò al re di organizzare la sua polizia segreta di palazzo onde sorvegliare la polizia generale del regno.

La polizia segreta era stata un poco negletta, in mezzo ai vagheggiamenti guerrieri di questo re gran capitano. L’avvenimento di Pio IX al pontificato, il risveglio d’Italia, l’inquietudine della Francia, il carattere del marchese di Sora, fecero sembrare opportuno agli amici del re di vivificare la polizia del gabinetto di S. M. e di farla agire attivamente. Bisognò un capo abile. Il generale Vidal, che conosceva da lunga pezza il conte di Altamura, lo propose, lo stimò e lo garantì.

Il conte venne alla corte.

Si trasfigurò. Si dètte dei peli rossi, un sembiante di gobba sul dorso, delle lentiggini sulla pelle, due pollici di statura di più della sua, una voce chioccia, una glandola lagrimale rossa e gonfia, un dondolìo curioso del corpo, mal portato da due gambe troppo fesse. Ebbe sempre il sigaro o la pipa alla bocca. Si fece passare per tedesco, — della Toscana, impiegato nella segreteria particolare del re a compor cifre diplomatiche per la corte di S. M. siciliana e decomporre le cifre degli ambasciatori. Perocchè S. M. aveva una rabbia irresistibile di conoscere ciò che le sue poste reali portavano ai gabinetti stranieri. Il cavaliere Spada del resto si mostrava poco: era misantropo!