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— Voi non siete uomo da pentirvi, replicò il vescovo.

— Chi sa, monsignore? se io fossi veramente colpevole! Ma voi sapete che per codesta punizione inesplicabile ed illimitata, voi mi rovinate. La messa è il mio pane, — e non solamente il mio, ma quello della mia povera sorella.

— Ah! sclamò il vescovo con un piccolo sorriso che esprimeva un mondo di cose.

Don Diego vide il sorriso, comprese il pensiero del suo superiore, si alzò, si avanzò di un passo verso il prelato e gridò:

— Monsignore, spezzatemi quanto volete: il prete è la cosa del vescovo. Ma non un sorriso di più, simile a quello che venite di smorfiare, non una parola, non un pensiero, non un aspetto... io ve l’ordino in nome del mio cuore, in nome della mia dignità di uomo.

Monsignore squadrò Don Diego impassibilmente poi soggiunse, giocando sulle parole:

— Voi date degli ordini troppo presto, figlio mio: procurate dapprima di esser vescovo.

Don Diego cadde a ginocchio e congiungendo le mani supplicò:

— Ve ne scongiuro, monsignore, ditemi di che mi accusano.

— Voglio soddisfarti, figlio mio, disse il vescovo sedendo di nuovo. Eccolo: 1.° tu sei incredulo; 2.° tu sei carbonaro; 3.° tu hai delle relazioni incestuose con tua sorella.

Don Diego si alzò lentamente, e poggiando la mano sinistra sul lembo della tavola del vescovo, rispose: