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sette, fra cui quattro preti! Il che prova che si sarebbe potuto dire del clero dell’Italia meridionale ciò che D’Alembert diceva della Francia: "Essa rassomiglia ad una vipera; tutto è buono, tranne la testa!" Nel clero italiano non vi è di {{Ec|miserale|miserabile che l’episcopato, e coloro, fra i preti delle grandi città, che sono più esposti all’azione antipatriottica ed anti-sociale dei vescovi, — lacchè, schiavi di Roma.

Don Diego Spani era il delegato delle provincie di Basilicata e di Cosenza.

Il marchese di Sora ammattiva oramai per questo prete, il quale aveva subite le prove spaventevoli cui raccontammo, senza smuoversi, sapendo tutto e tacendo. Il marchese fece dividere la sua ammirazione a lady Keith ed al colonnello Colini, con i quali soli comunicava, perchè gli altri membri del comitato ignoravano che il ministro della polizia cospirasse con loro.

Don Diego accolse freddamente l’ovazione che gli fecero uscendo di prigione. Egli aveva acquistato il diritto di disprezzare i suoi colleghi. Lo sventurato non sapeva l’abisso che sua sorella scavava sotto i suoi piedi per salvarlo!

I delegati di Sicilia avevano mancato all’appello, per un equivoco di corrispondenza. I membri del comitato, salvo tre, erano radicalmente inetti, e di qui, i ritardi, la confusione, lo scacco in tutte le intraprese. Il presidente del comitato, il colonnello Colini, avrebbe voluto aggiornare la riunione ed aspettare i siciliani. Il marchese di Tregle opinò di passar oltre, d’intendersi, di agire, salvo a riu-