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lenne: «È legale, poichè io lo voglio!» Il sentimento della giustizia e del diritto gli mancava organicamente al par di quello del bello fisico e morale. Non comprendeva che l’utile.

Re Ferdinando fu duro verso suo fratello Carlo e verso l’infelice suo figlio Francesco II, cui aveva avuto da una prima moglie. Verso i suoi altri figli e fratelli fu equo e tollerante. E’ scendeva di vettura di cavallo per baciar la mano ad un frate o ad un prete che passava; ma si tenne per offeso quando lo tzar Nicola gli presentò a Napoli il conte Orloff ed il suo bel cane come i soli suoi amici! Egli dava un baiocco ad un povero che incontrava; ma dimandava una piastra al suo cavalier di compagnia per fare quella limosina e teneva per sè il resto.

Offriva un sigaro ad un generale, passando una rivista, ma gli prendeva un grazioso scibuk di schiuma ed ambra. Gustava al pane del soldato onde avere il pretesto di trovare il pane cattivo e far pagare agli appaltatori una forte ammenda, cui intascava. Canzonava volontieri i suoi ministri, ma per soggiungere con più famigliarità: «Padroni miei, voi rubate: fatemi la mia parte.» Affettava una grande semplicità di vita, unicamente perchè le pompe reali, le feste, i balli, i pranzi, le caccie, si pagavano dalla lista civile. Non amò che le sue mogli; dapprima, perchè una ganza era per lui una superfluità, poscia, perchè la gli sarebbe costata denari.

Tutto era reale nel suo regno; i lazzaretti, le fogne, il boia, l’ospedale delle donne pubbliche, —