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— Codesto non è certo il mio desiderio, rispose Don Diego. Voi potete finirmi, ma io non mentirò, nè posso convenire su di quello di cui mi accusate.

— Andiamo, sclamò il commissario, gettando un sospiro: il dondolo.

Gli sbirri attaccarono una tavola alle corde che pendevano dal soffitto. Poi legarono Don Diego sulla tavola, di guisa che i piedi e la testa avanzassero alle due estremità, e misero in moto l’altalena. La lunghezza della corda permetteva che il dondolo toccasse nel suo doppio movimento le due pareti di rincontro; di modo che Don Diego nel suo volo aereo, urtava volta a volta ora della testa ed ora dei piedi ai due muri opposti. I picchi furono orribili. Ben presto, il cranio, interiormente scosso, si lacerò di fuori ed il sangue fluì; i piedi scricchiolarono nelle loro giunture e fecero scricchiolar le ginocchia. Gli urti cominciarono per strappare degli urli terribili al paziente. Poi il silenzio sopravvenne. Dopo che egli ebbe battuto così quattro o cinque volte alternativamente delle due estremità, il medico intervenne.

— Se non volete fratturargli affatto le ossa delle gambe e della testa e dargli una congestione cerebrale mortale, bisogna cessare.

L’altalena si fermò. Il paziente era svenuto. Ci volle circa un’ora per richiamarlo alla vita.

— Persistete voi in nulla confessare? dimandò il commissario.

— Se io avessi qualche cosa a dire, non mi sarei lasciato assassinare così, mormorò Don Diego.