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— Mille grazie.
— Voi sapete perchè vi hanno arrestato?
— No, signor commissario. Io non lo sospetto neppure.
— Voi cospirate per rovesciar la dinastia e cangiar la forma di governo.
— I miei accusatori hanno mentito.
— Abbiamo delle prove.
— Vogliate dunque schiacciarmene. Ma io dichiaro innanzi tratto che voi non potete averne, ovvero che codeste prove sono false.
— I giudici della Corte Criminale statuiranno sul loro valore. Quanto a noi, la loro validità ci sembra assoluta. Si tratta solamente adesso di sapere da voi quali sono i vostri complici.
— Non cospirando io stesso non posso avere dei complici.
— Tutta la vostra vita di prete e di suddito, pertanto, è un’accusa. Voi siete stato interdetto dal vostro vescovo; voi siete fuggito dal vostro contado.
— La mia interdizione è stata violenta, arbitraria, iniqua, ma di carattere puramente ecclesiastico. I vescovi non sono infallibili, e monsignor Laudisio vive di denunzie. Io ho lasciato Lauria perchè, dopo un simile colpo di fulmine, non potevo più viverci.
— Tutti i vostri amici, tutte le vostre relazioni sono in ostilità collo Stato. A Lauria, il conte di Craco; qui, suo figlio, il barone di Sanza, il farmacista di Foria, il marchese di Tregle...
— Da prima non ho amici, signor commissario.