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zemberg si assise a fianco a lei, all’altra estremità del canapè e si scoprì rispettosamente.

Vi era nell’aria di Bambina qualche cosa di così serafico che imponeva. Impossibile di supporre in lei la minima cosa di equivoco e di vergognoso. La trasparenza de’ suoi occhi riproduceva le più piccole ondulazioni del suo cuore. Il meno osservatore avrebbe affermato, vedendola, ch’ei non aveva a fare con una avventuriera. Poi Bambina possedeva una di quelle bellezze fulminanti che paralizzano l’anima come la scossa della torpedine: si restava da prima abbarbagliato, poi fascinato. Il principe la contemplava senza interrogarla, per paura di vedere l’apparizione dileguarsi troppo presto, e per rispetto. Bambina dal canto suo, vivamente imbarazzata, tacevasi, attendendo per deferenza che l’ambasciadore le avesse diretta la parola.

— Signorina, disse infine il principe di Schwartzemberg per venirle in aiuto: a chi ho l’onore di parlare?

— Signore ambasciatore, rispose Bambina, il mio nome non vi apprenderebbe nulla quando lo avreste conosciuto. Io sono una povera creatura di provincia, cui non chiamano neppure per il suo nome di battesimo, perchè non mi conoscono che con il soprannome di Bambina.

— Nome delizioso! sclamò il principe.

— Ho insistito per vedervi, signore, continuò Bambina, perchè voi solo potete, senza ritardo, introdurmi appo il re.

— Appo il re?