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Bambina rigettò i suoi capelli dietro la testa, levò la fronte, fissò del suo sguardo gli occhi umidi del padre Piombini, lo prese per la mano con veemenza, e sillabando le parole sclamò:

— Il dado è gittato! Io, io ho avvisato di già. Scegliete: la vostra anima per il mio onore.

Il gesuita ritirò la sua mano dalle mani di Bambina e rinculò. Egli non si attendeva punto ad essere addossato così a questo dilemma del destino. Bambina era trasfigurata: ella si rizzava innanzi a lui come l’angelo della riparazione eterna. E’ cercava avvolgerla. Ella spezzava le sue perfide maglie d’un fendente del suo formidabile sentimento del dritto e della giustizia.

— Che volete voi dire, figliuola mia? balbettò il gesuita impallidendo, combattuto tra il desiderio e la paura, tra la speranza e l’impotenza.

Bambina si guardò intorno per assicurarsi se fossero ben soli, se alcuno non li ascoltasse. Le finestre della casa erano quasi tutte chiuse ancora, ed i pochi domestici in piedi si occupavano già dei cani.

— Non è qui che io avrei voluto parlarvi, soggiunse Bambina, ma al vostro confessionale. Però siccome voi avete intavolata questa conversazione terribile, esauriamola, per arrossirne sempre e non ritornarvi mai più.

— Non vi esaltate, mormorò il gesuita. Voi mi fate intravedere il paradiso; non lo velate, ve ne scongiuro a ginocchio, con la caligine del delirio.

— Io rumino questa catastrofe da ieri in qua. Ho tutto considerato. Mi sono piagata il cuore, il