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— Voi convenite dunque...

— Di che? che io amo vostra sorella e che io ho dei protettori? Ebbene, e poi? Se voi avete lo spirito sì mal temprato per non comprendere il paese, i tempi, la società in mezzo alla quale vivete, che posso io farvi? Voi avete vissuto della morale dei libri, che rende gli uomini stupidi, e non della morale del mondo che li rende felici. Avrei voluto aprirvi gli occhi mediante l’unzione episcopale che vi preparavo. Voi mi respingete e spezzate i miei piani. Vedremo se sarete stato saggio preferendo l’appoggio della Compagnia di Gesù a quello della Corte. Tali offese non restano mica impunite, signor abate.

— Voi mi fate benedire la sorte, signore, che mi ha sottratto ad una grande tristezza e ad una grande vergogna. Perocchè io scorgo adesso con quali intenzioni voi sposavate mia sorella. Io non sono predicatore di morale, perchè, ahimè! la mia non è senza rimproveri. Io ho avuto, ho tuttavia una grande ambizione. Non rinculerei innanzi ad alcun prezzo per soddisfarla, se quel prezzo si cifrasse per centinaia e migliaia di ducati. Il prezzo dell’onore, come lo pagarono Abramo ed Isacco, mi fa orrore. Nè la mia anima, nè la mia carne non sono da vendere, signore; e se voi avete bisogno di ciò, portate altrove i vostri sguardi. Le vostre minaccie non mi scuotono più che le vostre promesse. La luce, un momento offuscata nel mio spirito, ha ripreso il suo splendore.

— Voi mi sfidate dunque, adesso? Voi vi sentite dunque così bene coperto dai vostri protettori?