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correre fra gli spettatori. Ed egli apprezzava tutte le bellezze di quella poesia e di quella melodia di una soavità ineffabile. Erasi fatto pallido infine, perchè egli aveva paura e dubitava di sè. Egli sapeva che ciò che avveniva colà avrebbe deciso dell’amore di Concettella. Fece uno sforzo sopra sè stesso e si avanzò. Volgendo lo sguardo agli assistenti, per leggere sul loro sembiante come fossero disposti a suo riguardo, si accorse che essi erano ancora sotto la malìa della canzone di Gabriele. Allora volendo aprire un’altra corrente alla loro emozione, fece suonare la tarantella. Quindi, quando gli sembrò che l’uditorio fosse sotto un’altra impressione, diede il suo tuono alla musica e principiò:

«Vè una piccola giardiniera chiamata Concettella, la quale discende ogni giorno dallo Scutillo per venirmi a stuzzicare.

«Ella possiede un piccolo giardinetto ove fiorisce la rosamarina.... Concettella, ascoltami, non venire a svegliarmi di così buon mattino!

«A vederti con le tue guancie di foglie di rosa, con i tuoi occhi che hai rubati alla notte, io potrei credere che il mio sogno non è bene ancor terminato. Io ti ho visto femmina, e tu sei per me regina... Concettella, ascoltami, non venire a risvegliarmi di così buon mattino!

«Perchè vedendoti entrare nella mia povera cameretta, io credo che vi entri l’aurora; e come apro le pupille alla luce potrei aprire a te le mie braccia... Ed allora ti darei più baci che il cielo non ha stelle... Ascoltami, Concettella, non venire a risvegliarmi di così buon mattino!»