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e sei mesi più tardi, la sua amministrazione funzionava a meraviglia. Era l’amministrazione modello negli Stati di S. M. Siciliana. Il prefetto di polizia aveva legalizzato il furto.

Gabriele fu ammesso come soprannumero, da prima nella banda di coloro che vigilavano, poi entrò nel ripartimento dei furti di pezzuole da tasca. Ora, ecco cosa avvenne.

Gli austriaci che avevano occupato Napoli dopo il 1821, erano partiti nel 1827. I mercenari svizzeri li avevano sostituiti. Un giorno, un capitano svizzero passeggiava nella strada Toledo, ove Gabriele era di servizio. Il capitano aveva nella tasca un magnifico fazzoletto di seta delle Indie, a fondo bianco e larghe strisce rosse sui lembi ed una punta di quell’arnese usciva a civettar dalla saccoccia; stuzzicando l’avidità, da agente provocatore. Gabriele lo notò o lo fece notare al suo collaboratore, un giovincello di tredicio quattordici anni come lui. Questi disse a Gabriele:

— Sta in guardia, seguimi, io vado a fare il colpo.

E si slanciò. Gabriele guardava intorno.

Il ladroncello si avvicinò, passò di dietro allo svizzero, ed in un batter d’occhio la pezzuola fu tratta fuori. Ma restò aderente alla tasca dell’uniforme.

Il capitano, a quanto pare, più di una fiata rubato aveva attaccato il moccichino con una spilla all’uniforme. Infatti, dacchè si accorse che se ne andava, allungò la mano e prese pel braccio il piccolo delinquente.