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steggiato, Gabriele ritornò il terzo dì. Fra Gaetano gli sorrise. Quando tutti furono partiti, anche i due monaconzoli, fra Gaetano mise avanti gli occhi del figliuolo un piccione arrostito ed un pane bianco come l’ostia.
Gabriele entrò nel convento.
Scorse un minuto, e in un baleno lo si vide uscire, gittare ciò che il frate gli aveva regalato e salvarsi a gambe.
Gabriele non mendicò più.
E’ si accomodò di un altro mestiere.
Eravi a quell’epoca, in una piccola casa accosto al teatro di san Carlino, un uomo conosciutissimo chiamato llu si’ Michele1. Questi era intraprenditore di ladrerie, brevettato dalla polizia, — sì, brevettato dalla polizia, pagando patente!
Un prefetto della polizia di molto buon senso si era detto:
— Il furto è il sistema normale del governo napolitano. Eccetto il re che non ruba, — regnava allora Francesco I cui non bisogna confondere con Ferdinando II, — tutti gli altri rubano. In una società, bene o male organizzata, il furto è inevitabile, ed in una grande città come questa, impossibile ad evitare. Il furto è l’anarchia; io vado a governarlo. Il furto è indipendente e perciò degno di forca; io vado a farlo realista, a forzarlo a subir le leggi dello Stato ed a pagargli tributo come ogni altra cosa; la prostituzione, per esempio! Quando il furto sarà legale, sarà morale;
- ↑ Il sor Michele.