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Questa metempsicosi divina fa interrotta da due avvenimenti che vennero a rannodare il dramma, cui la povera figliuola aveva tentato di scongiurare con la sua fuga.

Una bella mattina del mese di giugno lady Keith era discesa a Napoli per delle compere. Mezzodì avvicinava. Pensando che milady non tarderebbe a venire, Bambina traversava il salone onde andarle incontro nel giardino. Ella aveva però dato appena qualche passo, con aria distratta e guardando ai balconi, che si sentì allacciare alla vita da due braccia vigorose e coprire il sembiante di baci frenetici. Bambina gettò un grido: si trovò in braccio del P. Piombini, che attendeva lady Elisabetta nel salone e che l’aveva riconosciuta.

Nulla può esprimere il terrore della fanciulla sorpresa da quella folata d’uragano. Ella si svincolò dalla stretta. Ma prima di fuggire nella sua camera ella potè udire il P. Piombini che le diceva:

— Prendi la mia vita, prendi la mia anima; io sono pronto a tutto. Io farò l’impossibile. Io non posso più vivere così....

Bambina andò a tuffare il suo viso nell’acqua fredda: credeva essere stata marchiata da un ferro rosso. La freschezza rivenne. Ma il contraccolpo che aveva ricevuto nel cuore vi dimorò. Quelle labbra di uomo trascinate così sul suo sembiante, quell’alito represso che l’aveva avviluppata, come il vapore che scappa via da una caldaia di locomotiva, sibilante e bruciante, quelle braccia che l’avevano stretta alla vita dove il cuore alberga,