Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/173

non vivrà più che di pan secco. La polvere lo soffocherà. Nessuno che attenda al suo ritorno e medichi le sue ferite. Che vuoto immenso! Che silenzio solitario ed interminabile!

Ella chiuse la porta della camera da letto per non più guardarvi dentro. Eccola nell’anticamera. Ancora uno sguardo Una lagrima ancora. E la mise al suo posto una sedia, che poteva urtarlo, se rientrava al buio. La sua mano era al lucchetto. Un passo indietro. Un momento d’esitazione suprema. Uno sforzo sublime. La porta si apre. La porta è chiusa. Ella è fuori. Più nulla! Nulla più! Sola! Dove va dessa? Ella si ferma. Rientriamo, sì rientriamo. No. Uno sforzo disperato. Ella discende precipitosamente le scale ed eccola nelle strade.

Un’ora dopo, assisa nell’elegante carrozza del marchese di Tregle, questi a lato di lei, il barone di Sanza in faccia, i cristalli della carrozza chiusi, traversarono la strada di Toledo, il largo Mercatello, la salita degli Studi, l’Infrascata, Tarsia, e si diressero al Vomero alla villa Belvedere.

Che cosa divina il cielo azzurro di quel paese! Che primavera radiante! Che epopea canta la natura sotto i baci dell’amore! Che ville, che fiori, uccelli, insetti iridati, brezze imbalsamate, mare di cobalto! quante memorie solcano quel golfo!.... E l’uomo?

Continuiamo.