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torno: i cattivi spiriti scaricano sopra di noi le loro emanazioni pestifere; nel sonno, l’anima non è in guardia; la carne regna; le tenebre maculano.... Vogliate, sire, prepararvi un istante. Infrattanto io riconcilio il mio vecchio penitente ch’è colà, e gli do l’assoluzione.

Il re, obbediente come un fanciullo, andò ad inginocchiarsi ad un inginocchiatoio in un angolo del salone, e Don Domenico Taffa s’inginocchiò ai piedi del vescovo.

— Ascolta, disse monsignor Cocle a voce bassa. Tu sei uno scellerato affezionato, ed io ti parlerò con tutta franchezza, come sempre, poichè tu conosci tutti gli affari miei. Intrattieni la speranza nel fratello e non lasciar cader la sorella fra le unghie del gesuita. Una bellezza di quel calibro è un agente potente cui non bisogna far cadere nelle mani dei nemici. Io rifletterò... ho a riflettere su tante cose.

— Ho paura che non ci prevengano.

— Ecco appunto ciò che bisogna evitare. Io non ti nascondo che sono diabolicamente stufo di Lusetta.

— Lo credo bene.

— Tu non dubiteresti mai che quella cialtrona m’abbia gittato l’altra sera un candeliere alla testa!

— Bah! una testa di vescovo è oliata! il liquido della lampada non vi fa macchia.

— Se il re non fosse lì, io ti darei del mio piede tu sai dove.

— Io riceverei con riconoscenza codesto segno d’amicizia di Vostra Eccellenza Reverendissima.