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ciullaggini. Le occasioni sono calve all’occipite, ha detto Rabelais; non le si acchiappano più quando sono passate. Ascoltatemi dunque. Mio fratello mi ha scritto di nuovo da Salerno per chiedermi ciò che avevo fatto per voi, malgrado le vostre stranezze. Io vado a parlar oggi al ministero con qualcuno che potrà forse darvi del lavoro. Andrò a vedervi in casa stasera, prima delle dieci, perchè io pranzo precisamente col canonico a cui sembrami il P. Piombini abbia fatto allusione. Egli dimora, presso di voi.... la notte. Tasterò ancora il terreno da questa banda. Basta che la polizia vi lasci tranquillo.

— Ah! ecco giustamente ove è la pietra d’intoppo.

E qui Don Diego raccontò un poco del suo colloquio con Don Lelio Franco.

— Infatti, infatti! che volete? disse Don Domenico. Don Lelio potrebbe bene essere un poco l’agente del conte d’Altamura... voi sapete? il capo della reazione, l’agente segreto ed onnipotente del re. Vi sarebbe forse qualcosa a fare anche da quel lato lì. Ma voi siete un mulo sì ombroso.... Andate. A stasera.

— Che geenna che è questo paese! sclamò Don Diego andandosene. Non si esce di polizia che per cader nella chiesa, e non si spania dal prete che per imbrodolarsi nel birro! Ah! se io fossi solo! Popolo vigliacco ed infame, va!

Ho bisogno di dire che le ricerche promesse da Don Domenico erano false e che egli aveva inventato questo pretesto per andare a vedere Bam-