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chiesa del Gesù Nuovo rigurgitava di tutto ciò che la città contava di più eminente per nascita, ingegno, posizione sociale, ed egli incantava gli spettatori a causa dell’assenza completa di teologia dai suoi sermoni e dell’audacia delle sue vedute sociali. La Società brillava e dominava, mediante lo splendore di quest’uomo. Tutte le forze vive del paese si aggruppavano intorno a lei o mettevan capo in lei, non fosse che per odiarla. I gesuiti che sono i meno gelosi di tutti i monaci, s’inorgoglivano del padre Piombini, il quale, dal canto suo, riconoscente della libertà che gli si accordava, lavorava con amore per la Società, era modesto e famigliare con tutti, misuratissimo verso i capi, non brigava alcuna autorità nell’ordine, non danneggiava alcuno con lo spionaggio mutuo stabilito dalla regola di S. Ignazio, dava il suo consiglio con riserbo, non dimandava giammai spiegazioni, si mostrava pronto a tutto, — anche a credere! e si conformava anche a ciò che la sua educazione laica e filosofica gli presentava come assurdo. Il padre Piombini era hegeliano!

Ecco l’uomo a cui Bambina andava ad aprire le porte della sua coscienza.

Don Diego dissimulò a sua sorella il resultato del suo abboccamento con Don Lelio Franco, poi disse:

— Ebbene, e tu?

Bambina, tristissima, meditava non so che; era distratta e come abbattuta di fatica.

— Per me gli è un altro paio di maniche, sclamò dessa. Io ho confessato il mio confessore.