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so. All’eccellente ministro della guerra, Del Giudice, oppose una specie di Comitato estraneo ed incostituzionale, il Comando generale dell’esercito. Questo teneva testa al ministro, ne contromandava gli ordini, ne annullava l’efficacia, e spesso si opponeva nettamente. Al ministro degli affari stranieri, l’egregio Dragonetti, a quello della giustizia, a quello dell’interno, il puro e nobile uomo Raffaele Conforti in cui cuore ed intelletto sono eminenti, a tutti gli altri ministri infine oppose la rutina, l’inerzia, il malvolere di funzionarii pubblici o inetti o ribelli; e dopo averli stancati nelle lotte da casuisti del Consiglio di Stato, in cui mai nulla conchiudevasi, dopo averli messi alla disperazione con ostinatamente e sistematicamente resistere a qualunque proposta, li faceva assalire da uno sciame di vespe impuro e mortale. Gente affamata ed avida d’impieghi barricava incessante le porte del ministero. Non vi era maniera di sbarazzarsi di loro: bisognava assolutamente ascoltarli, bisognava assolutamente soddisfarli; e se si osava resistere, le pistole ed i pugnali corroboravano gli argomenti dei postulanti, come avvenne un giorno al ministro delle finanze Ferretti. L’avanzo di tempo quindi che il re lasciava loro, era divorato da quegl’insani cui il consiglio aulico metteva in movimento e dirigeva contro, come la bocca di una pompa idraulica sull’incendio. Le bisogne più urgenti dello Stato quindi erano postergate: lo scoraggiamento inaridiva i ministri, i quali, pel desiderio di voler essere popolari, addiventavano plebei. La guardia nazionale fu chiamata in loro sussidio; ma a che pro? Le avide passioni della parte corrottissima del popolo erano eccitate dalla reazione sotterranea. Essa inviava gli spe-