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aiutatemi a cacciare l’austriaco, e, riscattata l’Italia, ne regoleremo le sorti. Agl’italiani d’altronde nulla importava che Carlo Alberto avesse disegno d’ingrandirsi, e che fosse stata la Casa di Savoia che li avesse uniti in un fascio e dato loro una patria ed una vita. Lo ripeto, e mai non mi stancherò di ripeterlo, la nostra condizione di esistenza, unica, inevitabile, è l’essere un popolo, formare uno stato, esser retti da un solo governo, abituarci a riconoscerci italiani, obliare la vecchia geografia, le vecchie puerilità di vanagloria municipale, le vecchie gelosie, in una parola tutta l’opera del medio evo. E sia il papa o il duca di Parma, Radetzky o Ferdinando Borbone, la monarchia o la repubblica che ci apporti tale normale situazione, passato il periodo della violenza, assisi nella famiglia delle nazioni europee, come da un gran popolo si debbe, penseremo allora alla forma del reggimento con cui sviluppare la vita interiore e manifestarci all’universo. Carlo Alberto comprese essere nella sua casa l’elemento virtuale della fusione delle genti italiane. Ai suoi disse: "il nostro bivacco è sul Brenner; alla plebe degli altri principuzzi: seguitemi". A costoro ciò suonò male; ed il piemontese fu accagionato di ambizione. Le negoziazioni quindi si ruppero: ma delle altre occulte ne furono invece conchiuse. Allora il papa si risovvenne che era principe cattolico e prete, che era contrario al suo ministero fare la guerra, e che nella Genesi sta scritto io domanderò conto agli uomini della vita degli uomini, al fratello della vita del fratello: e chiunque verserà il sangue umano, il suo sangue sarà versato del pari, perchè l’uomo è creato ad imagine di Dio. Allora il gesuita di Toscana s’impegnò