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guardia nazionale. E la vittoria non ci avrebbe forse allora fatto diffalta perchè la pugna si aspettava e si era sotto le armi. Il re però fu prudente e domandò conciliarsi. Alla deputazione che gli andava a rapportare l’irritazione dei cittadini rispose lusinghevolmente. Promise tutti soddisfare, parlò del suo cuore libero e leale, e si disse financo principe italiano. Con quella millanteria da ciarlatano parodiava l’atto fiero di Carlo Alberto che, al grido generale di fuori il barbaro dall’Italia, aveva tirata la spada dal fodero e passata la frontiera per soccorrere Milano. La rivoluzione italiana cominciava infine ad acquistare un colore. Una generazione non si era commossa per conquistare la miserevole burla di uno Statuto. — Re Ferdinando, non osando respingere le proposizioni del popolo, temendo accettare le conseguenze della rivolta, spaventato dal progresso delle idee e dello scopo a cui esse tendevano, restato solo nella campagna della reazione, si aveva veduto cader d’intorno ad uno ad uno tutti i bastioni e le speranze di difesa. Luigi Filippo, Metternich, Radetzky fuggivano: Carlo Alberto addiventava rivoluzionario e minacciava conglobare al suo principato l’Italia, vecchio istinto della casa di Savoia; il Papa lasciava fare, non comprendendo più nulla: il suo governo immorale riconosciuto e repulso: la Sicilia perduta: l’Inghilterra inchinevole alla causa della libertà: la Russia sbalordita e paurosa con il fuoco che attacavasi ancora alla casa sua: l’Alemagna correndo ardita all’unificazione e quindi alla repubblica: il Sonderbund disperso. Egli solo restava in piedi in mezzo a tante rovine. La sua bandiera, benchè lacerata, rappresentava ancora la resistenza monarchica. Cercò di-