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sulla seconda ogni buona volontà si ribellò, e nessuno volle consentire che in Sicilia non vi fosse che un’armata sicula, senza che il re potesse spedirvi mai soldati napolitani. Nuove complicazioni successero ed il ministero cadde, eccetto Bozzelli, perchè costui aveva stabilito consumare intero l’adulterio della Costituzione.

La condotta dei siciliani aveva in Napoli disgustati tutti, ed i radicali più degli altri. Non perchè non si riconoscevano validi i loro diritti, giuste le loro dimande; ma perchè essi mostravano non aver compreso il senso della rivoluzione del secolo, perchè ne falsavano e ne sviavano il cammino. Quando il principio monarchico aveva ancora una vita ed un valore, quei diritti equivalevano ad una conquista, e bene stava tenervisi fermi e vantarsene. Ma oggi non trattavasi più di aver un padrone piuttosto indigeno che straniero, piuttosto di questa che di quella casa; trattavasi non averne affatto. Non trattavasi di restituire l’autonomia alle differenti provincie d’Italia; trattavasi di ricomporre l’Italia una ed intera quale era uscita dalla mano di Dio. Non trattavasi di avere una costituzione octroyée nel 1812 piuttosto che nel 1848; trattavasi di far sorgere dal seno del popolo quella forma di governo che meglio gli fosse piaciuta, guarirci radicalmente delle schifose piaghe della monarchia, e delle difformità sociali che seco trascina. — La rivoluzione italiana ha avuto funesto successo positivamente perchè non ebbe dal bel principio un’idea fondamentale spiccata e larga, e non se ne fece il programma fedele. Gli spiriti restarono indecisi: i partiti sorsero, e quindi la fatal vanagloria di farli trionfare: le ambizioni cominciarono